NEIL YOUNG: UN RITRATTO

La rivista Rolling Stone, selezionando i 10 songwriters più influenti di tutti i tempi, ha posizionato Neil Young al 6° posto, e il nome del cantautore o il titolo dei suoi album appaiono costantemente nelle classifiche stilate dalla storica rivista americana decennio dopo decennio. Questo serve solo da esempio per avere un'idea della rilevanza di Neil Young nell'epoca della musica Rock; in più si potrebbero citare premi e riconoscimenti, non ultimo un Grammy Award vinto per una canzone di produzione recentissima.

La figura di Neil Young è alquanto erratica e di difficile descrizione, e così la musica da lui prodotta. Nato e cresciuto in Canada tra prateria e città, la sua influenza e il suo interesse musicale è costituito essenzialmente dalla musica roots e dai musicisti “faro” dei Cinquanta e primi Sessanta (Hank Marvin, Phil Ochs, Bert Jansch, Ian & Sylvia, Don Gibson, Roy Orbison, oltre naturalmente ai nomi più grandi: «Mentre crescevo in Canada ascoltavamo il country alla radio. Poi per un po' ci furono i Beatles»[1]. «Non sarò mai come Bob Dylan. Lui è il maestro»[2]).
A differenza di essi, Young non è mai stato “mitizzato”; non rientra tra quei maìtre a penser musicali che, «a pieno titolo, hanno espresso […] le filosofie di almeno due generazioni»[3]. Questo per vari motivi. Il suo ingresso nella musica di livello internazionale avviene nel 1966 come parte dei Buffalo Springfield, poi nel 1969 come solista, quando l'esplosione generazionale degli anni Sessanta è già avvenuta e, inevitabilmente, tutte le figure successive sono già figlie di quella scena. Young è considerato un artista degli anni Settanta e non dei Sessanta. «La generazione dei nuovi cantautori è figlia diretta della scena californiana […]. La figura del cantautore solitario, del loner, per dirla con Neil Young, si afferma negli anni Settanta come risposta alle “famiglie” collettive […] del decennio precedente»[4].
In secondo luogo, il suo songwriting si rivolge più facilmente all'intimismo, alla ricerca personale, che all'allegoria e simbolismo sociali, o comunque tende a “filtrarli” attraverso immagini del tutto personali (sebbene nei movimenti pacifisti degli anni Settanta, con canzoni-simbolo quali “Ohio” si sia fatto portavoce di situazioni ben precise, e abbia continuato ogni tanto ad affiancarsi alla
protest-song fino ai giorni nostri). Young non risulta nemmeno molto legato a quella “poesia di strada” di provenienza beat da cui sono partiti altri musicisti-icona (per esempio Patti Smith, oltre naturalmente a Dylan). Tanto meno al rock progressivo e "in acido" di Led Zeppelin o Doors.
Guardando alla definizione che dà Umberto Eco della «canzone colta di consumo», in essa vi rientrano Young, Dylan, Smith e tanti altri della loro epoca, fino al nostro Fabrizio De Andrè. Ovvero artisti che rappresentano «l'opzione colta» della musica che «la gente si raccoglie per ascoltare, […] primo gradino verso una educazione ulteriore del gusto e dell'intelligenza, attraverso il quale ardire a esperienze più complesse»
[5].
Molti critici, poi, osservando l'evolversi della sua produzione, hanno definito Young come l'ultima rockstar nata nei Sessanta ancora credibile[6], capace come nessun'altra di influenzare la nuova generazione rock dei Novanta, e la cui capacità di reinventarsi batte persino Dylan[7]. Il suo percorso discografico è infatti quanto di più singolare, dettato solamente dalla coerenza verso se stesso, da un “procedere a sfondamento” e dallo sprezzo di qualunque imposizione e moda esterna.
Ed è proprio qui che risiede il principale motivo del quasi inspiegabile dualismo tra fama (e importanza storica) e assenza del mito (e del conseguente peso mass-mediatico che caratterizza per esempio Bruce Springsteen). Young ha sempre provveduto a smantellare la propria celebrità dopo averla raggiunta:
 «ogni volta che costruivo qualcosa mi adoperavo per distruggerla prima che la gente potesse dire “Questo è Neil Young”. Non voglio essere definito in poche parole.»[8]
A ciò va aggiunta l'ostilità di Young verso i mass-media, specie nel periodo dell'ascesa di MTV e degli sponsor, tra Ottanta e Novanta. «Qualcuno viene fuori con una grande canzone, e poi magari la senti in un fottuto spot. […] È solo un fottutissimo prodotto»[9]. E proprio con una canzone in questo atteggiamento, “This Note's For You” (1988), MTV gli conferisce il premio per Miglior Video; eccentricità come questa segnano l'intero suo percorso. O come l'ormai celebre episodio dell'accusa da parte della sua stessa casa discografica (la Geffen a metà anni 80) di non essere abbastanza rappresentativo di se stesso, con tanto di denuncia.
Non meno importante, infine, è l'aspetto musicale che caratterizza Neil Young, un approccio chitarristico originale e immediatamente riconoscibile. Da un lato il dualismo acustico-elettrico (o, come è stato definito, rurale-urbano[10]), dall'altro il suo vero e proprio modus operandi, nell'uso dello strumento e nell'approccio all'esecuzione e all'incisione. Young è ispirato dalla passionalità e dalla spontaneità piuttosto che dal virtuosismo tecnico; questo lo separa nettamente anche da quella schiera di rocker più tecnicisti e perfezionisti come gli Eagles ed Eric Clapton. Tanto in concerto quanto in studio Young ha fatto suo il concetto di suonare veramente “dal vivo”, con editing essenziale, niente orpelli artificiosi e solo gli overdubs strettamente necessari.
«Come chitarrista elettrico è anche un formidabile “narratore”, forse l'unico, non tanto per qualità strettamente tecniche, quanto per la sottile e visionaria capacità di trasformare l'assolo in un racconto interiore, talvolta epico. Come Hendrix, Young espande il lessico della chitarra elettrica, […] scavo all'interno di una melodia, di uno stato d'animo […], Young dimostra che la tecnica non può mai essere un fine […]»[11]
«Neil Young, […] capace di far crescere il mito del loner al punto di diventarne la virtuale incarnazione, […] non ha mai smesso di cercare un penetrante ritratto dell'America. Ha raccontato la fine dei sogni del movimento giovanile, l'orrore della droga, il tradimento della politica, ma anche la speranza, l'amore, la capacità di un'intera generazione di sopravvivere a se stessa e ai propri disastri. Young è stato uno dei pochi […] ad aver addirittura vissuto al fianco dei giovani eroi la stagione del grunge, ad aver interpretato a suo modo il revival acustico e quello del country, ad aver scherzato e giocato con il rock 'n' roll del passato e l'elettronica del futuro. Non tutti i suoi dischi sono stati allo stesso livello […] ma sono proprio la sua incapacità a farsi ridurre entro uno schema, la sua irriducibile volontà di vivere la musica in tutte le sue forme, a fare di lui uno dei più grandi eroi del rock, un artista dal quale è impossibile prescindere […]»[12]


Neil Young nasce a Toronto il 12 novembre 1945. La sua gavetta nella musica inizia con band locali nel territorio di Winnipeg, in particolare gli Squires intorno al 1964, coi quali incide un primo singolo e contribuisce con canzoni scritte di suo pugno.
Nel 1966 insieme a Stephen Stills, Bruce Palmer e altri, decide di tentare la via del successo a Hollywood. In poche settimane e i Buffalo Springfield sono già sulle scene ottenendo la reputazione di “Beatles americani”. Alle hits si affiancano i brani intimistici e disillusi di Young, il quale «scrive canzoni sul diventare star prima ancora di esserlo»[13]. La breve vita del gruppo si snoda tra fama, denaro, droga e litigi, e tutto ciò emerge in canzoni come “Mr. Soul”, “Broken Arrow”, “Out Of My Mind” e “Burned”, dove Young esterna i propri conflitti nella forma psichedelica della musica del periodo. In meno di tre anni e tre dischi lampo, i Buffalo sono storia.


N. Young, R. Furay e S. Stills nei Buffalo Springfield (ca 1966)

Young, che nel frattempo ha già iniziato a collaborare con Jack Nitzsche e ha trovato il suo manager in Elliot Roberts, fa il suo vero debutto nel 1969 con due album. Prima Neil Young, risultato di lunghe sovraincisioni in studio (un'esperienza mai più ripetuta) con Nitzsche, Ry Cooder e altri della scena californiana. Poi con Everybody Knows This Is Nowhere, registrato in presa diretta con una band, i Crazy Horse (Danny Whitten, Ralph Molina, Billy Talbot), che Young conosce e chiama con sé nel corso dell'anno, e nei quali trova il suo ambiente ideale. Il tratto tipico di Young risiede già nell'estrema diversità di questi due album, accomunati solo dall'essere figli della scena psichedelica di Laurel Canyon, vicino a Topanga Canyon dove l'artista vive (conoscendo, tra gli altri, Charles Manson).
Sempre nel '69 si unisce a Crosby, Stills & Nash, cosa che frutta ad entrambi un salto di popolarità, e con loro produce
Deja Vu (1970), che ottiene un successo oltre misura, poi il singolo di protesta “Ohio”, il live 4 Way Street (1971), e un altro singolo di timbro politico, “War Song”, insieme a Nash.

N. Young e D. Whitten (ca 1970)

Intanto la sua produzione solista procede con grande spinta creativa. Il terzo album vede Young nel suo studio nella casa di Topanga, poco prima di lasciarla, circondato da vari amici musicisti.
After The Gold Rush (1970) è forse il suo maggior successo di critica, disco intriso della malinconia e della visionarietà della West Coast dei primi Settanta e di tutto ciò che essa rappresenta nell'intimismo del cantautore. Il tono dell'album varia tra l'acustico (“Don't Let It Bring You Down”, “After The Gold Rush”) e l'elettrico (“Southern Man”, “When You Dance I Can Really Love”), ovvero il tratto del disco tipico younghiano.

Sessions occasionali, tra Nashville, Londra e il suo nuovo ranch sulle colline di San Francisco (dove si trasferisce insieme alla sua nuova compagna, l'attrice Carrie Snodgrass, da cui di lì a poco avrà il suo primo figlio, Zeke Young), l'incontro con musicisti che continueranno a collaborare con lui (come Ben Keith) e alcuni problemi alla schiena, conducono al successivo Harvest (1972). È il successo commerciale per eccellenza; tutti i brani sono celeberrimi: “Old Man”, “Harvest”, “The Needle And The Damage Done”, “Alabama” e “Heart Of Gold” (il primo e unico singolo #1 della sua carriera).
Tra i testi di questo periodo spiccano quelli di denuncia o riflessione verso eventi politici e sociali, da cui emerge la capacità di Young di scrivere versi dotati di un impatto visivo potente ma talvolta velato, utilizzando forme espressive del tutto sue; nonché di saper riflettere con sarcasmo sulla sua posizione controversa di star “impegnata”. È anche da qui che Young trae lo spunto per il suo primo film, Journey Through The Past, un mosaico di immagini surreali, aneddoti e momenti di vita abbastanza sconcertante, e incompreso da pubblico e critica.

La fama e le tensioni che ne derivano portano Young a entrare nel cosiddetto “periodo oscuro”. Colpevole è anche la morte per droga di Danny Whitten, chitarrista dei Crazy Horse, per la quale Young si sente responsabile, seguita poco dopo da quella di Bruce Berry (un roadie di CSN&Y). Così il cantautore si chiude in se stesso, la sua vena creativa si sposta su tematiche di morte e droga, con risultati in seguito elogiati (considerati precursori del punk) ma che, in quel momento, allontanano molto del suo pubblico: Time Fades Away (1973) e Tonight's The Night (1975 ma registrato due anni prima) e i relativi tour, canzoni come “Tonight's The Night”, “New Mama”, “Speakin' Out”, “Last Dance”, “Tired Eyes”.
On The Beach (1974), il più rilassato della “trilogia nera” (“Walk On”, “Ambulance Blues”, “See The Sky About To Rain”) torna a ottenere il favore del pubblico. Anche il gigantesco tour di reunion con CSN&Y, nel 1974, è instabile e segnato dall'abuso di droghe e dalle controversie; il quartetto vivrà sempre momenti alterni. Vani sono anche i tentativi di un nuovo disco in studio.

L'emersione definitiva dall'isolamento avviene nel 1975, quando Young rompe la problematica relazione con Carrie e trascorre vari periodi sul mare. L'elemento naturale (canzoni sull'America precolombiana e più in generale riferimenti a un'intima dimensione naturale, un'armonia da riscoprire) appare regolarmente nella produzione successiva, che ha ampia varietà di tematiche ma è omogeneamente positiva, chiaramente figlia di un momento di equilibrio, piena soddisfazione artistica e controllo di sé.

Tra il 1974 e il 1978 il materiale composto e inciso da Young è vasto e variegato ma la discografia non ne è linearmente rappresentativa. Zuma (1975, ritorno dei Crazy Horse con Frank Sampedro al posto di Whitten) è un album compatto che ne sancisce il ritorno sulle scene (“Cortez The Killer”, “Barstool Blues”). American Stars 'n Bars (1977) assembla brani di varia provenienza e timbro (“Like A Hurricane”, “Will To Love”). Comes A Time (1978) è il risultato di riarrangiamenti voluti dalla casa discografica (“Human Highway”, “Comes A Time”) e riscontra grande successo di pubblico. Altre canzoni vengono incluse in Long May You Run (una collaborazione con Stills del 1976) e in Decade (antologia del 1977), mentre alcuni dischi rimangono inediti (Homegrown, Chrome Dreams, Countryside/Oceanside) e vengono in parte riciclati in altri album.
Nel 1979 escono Rust Never Sleeps e Live Rust, entrambi con i Crazy Horse, una simbolica chiusura per i Settanta. Nell'inno “la ruggine non dorme mai” c'è la necessità artistica di cambiare senza farsi intimidire dalla novità: la soluzione di Young ai suoi tormenti d'inizio carriera, e un monito che seguirà all'estremo nel decennio successivo. L'album, che contiene “My My Hey Hey”/“Hey Hey My My”, “Powderfinger” e “Thrasher”, vince il Rolling Stone Music Award del 1979 e si classifica Album dell'Anno; Young è al primo posto come Miglior Artista, Miglior Autore e Miglior Cantante.[14]

R. Molina, B. Talbot, F. Sampedro e N. Young (ca 1975)

Nel corso del '79 iniziano gravi problemi familiari. Young, che nel frattempo ha conosciuto e sposato Pegi Young, ha un secondo figlio, Ben, che nasce con paralisi cerebrale, Questo terrà impegnato il musicista nei due anni successivi in un programma terapeutico che prevede l'uso di sistemi elettronici. Durante questo periodo non lascia trapelare nulla della sua vita privata, e i motivi dietro gli sperimentalismi che pubblica nei primi anni Ottanta si potranno comprendere solo in retrospettiva.
Hawks & Doves (1980) assembla brani di varia derivazione e mostra uno Young simpatizzante verso la politica reaganiana nazionalista, con conseguente sconcerto del suo pubblico dei Settanta. Reactor (1981) mixa il sound dei Crazy Horse con la manipolazione elettronica, e segna anche la rottura con la Warner Bros. in favore della Geffen Records. Con Trans (1982), fatto di vocoder e campionamenti, il Neil Young dei Settanta sembra svanito. Questi lavori riflettono lo stato di frustrazione vissuto dall'artista, in favore della forza dimostrata come compagno e padre di famiglia.
La Geffen inizia subito a boicottarlo arrivando persino, pochi anni dopo, a fargli causa per non essere più rappresentativo di se stesso. La produzione di Young è un continuo beffeggiare la casa discografica in nome di apparenti esercizi di stile che celano la ricerca di un se stesso smarrito. «Ero veramente a mio agio con le cose che facevo negli anni Ottanta, nonostante sia stato sputtanato a causa di esse. Perché sentivo ogni cosa che facevo.» «[...] posso cogliere dalle esperienze intorno a me e poi, calandomi in qualcun altro, un altro personaggio, posso esprimere diverse sensazioni.»[15]

Ne conseguono il rockabilly di Everybody's Rockin' (1983) e l'omaggio al country di Old Ways (1985), il cui lunghissimo tour con una band chiamata International Harvesters è comunque un successo di pubblico (ne darà dimostrazione il live A Treasure, 2011). Quindi è la volta del rock elettronico di Landing On Water (1986) e Life (1987 con i Crazy Horse).
Nel 1988 la disintossicazione di David Crosby porta finalmente alla reunion di Crosby, Stills, Nash & Young per il disco American Dream, che però risulta un passo falso, snobbato da pubblico e critica.
Va aggiunto che nella seconda metà degli anni Ottanta, Young si occupa della fondazione della Bridge School per i bambini autistici e di Farm Aid (insieme a Willie Nelson, John Mellencamp e Dave Matthews) a supporto della piccola agricoltura americana; entrambi organizzano concerti di beneficenza annuali.
L'ostilità nei confronti della televisione e delle ipocrisie dietro il business musicale e gli sponsor si concretizza definitivamente quando Young sembra rientrare nei suoi canoni più tipici. Il primo passo è il rhythm & blues di
This Notes' For You (1988), che segna anche il ritorno alla Warner; la provocatoria title-track vince, ironicamente, un MTV Award come miglior video.



Nel 1989 con l'hard-rock di
Eldorado (un EP a tiratura limitata) e poi il variegato mix di generi dell'album Freedom (“Rockin' In The Free World”, “No More”, “Crime In The City”, “Too Far Gone”), Young traccia un ritratto duro della società americana nei giorni della Guerra del Golfo, tornando alla popolarità e, anzi, guadagnano dalle nuove generazioni musicali (Pearl Jam, Sonic Youth, Dinosaur Jr, Nirvana) la nomina di “Padrino del Grunge”.
Il travolgente ingresso di Young nei Novanta viene consacrato ulteriormente con l'energico ritorno dei Crazy Horse in
Ragged Glory (1990, “Fuckin' Up”, “Love And Only Love”) e nel successivo live Weld, a testimonianza del suo tour più rumoroso e sfrenato.
Nel 1992 fa invece ritorno nelle calme acque del folk-rock acustico con Harvest Moon, registrato con la stessa formazione di Harvest a vent'anni di distanza, che diventa immediatamente un nuovo classico (“From Hank To Hendrix”, “Harvest Moon”, “You And Me”). L'anno dopo esce il concerto acustico Unplugged (1993) e un'antologia con rarità del periodo Geffen, Lucky Thirteen.


Quelli a seguire sono anni di intensa attività e fruttuose collaborazioni con molti artisti. Il 1993 vede Young sul palco insieme a Booker T & The MG's (famosa soul band anni '60 di Memphis), ma l'unione non porta a un'uscita discografica.
Lo sperimentalismo grunge e la morte di Kurt Cobain sono alla base di
Sleeps With Angels (1994 con i Crazy Horse), la più oscura e ispirata opera del decennio secondo molta critica (“Prime Of Life”, “Change Your Mind”). Dalle sessions il regista Jonathan Demme trae il breve film The Complex Sessions. Young compone inoltre “Philadelphia” per l'omonimo film di Demme, ottenendo una nomination all'Oscar.

Eddie Vedder introduce Young alla Rock 'n' Roll Hall of Fame, all'inizio del 1995, e subito dopo Young porta tutti i Pearl Jam in studio a registrare insieme un album nel giro di pochi giorni: Mirror Ball. Segue un tour.
Nel 1996 la morte di David Briggs, produttore dei Crazy Horse sin dagli esordi, spinge la band a ritrovarsi per un nuovo lavoro,
Broken Arrow, fin troppo sottovalutato dalla critica, e a lunghi tour mondiali che vengono documentati dal regista Jim Jarmusch in Year Of The Horse. Nello stesso periodo Young compone per Jarmusch la colonna sonora strumentale del film Dead Man.
 
I due anni seguenti Neil Young li trascorre fuori dalle scene, dedicandosi soprattutto al progetto Archives (nato già alla fine degli Ottanta), mirato a ordinare cronologicamente tutto il materiale registrato nel corso della carriera, specie quello inedito, per vari box set retrospettivi. Lavorando al materiale più vecchio, Young e Stephen Stills assemblano un primo box dedicato ai Buffalo Springfield (2001).
L'occasione conduce a una reunion di CSN&Y e al disco
Looking Forward (1999), che ottiene recensioni miste, a differenza del tour di grande successo. Young vi contribuisce con alcune canzoni acustiche composte negli ultimi anni, mentre altre vanno a costituire il suo album di ritorno, Silver & Gold (2000, tra cui “Silver & Gold” e “Razor Love”).

Dopo un tentativo abortito per un disco intimo e spettrale con i Crazy Horse (Toast), Young torna sul palco e questa volta anche in studio con Booker T. Ne deriva Are You Passionate? (2002) che contiene un singolo (“Let's Roll”) dedicato ai passeggeri del volo dirottato dell'11 settembre 2001. Questo album rappresenta la prima delle altalenanti produzioni del nuovo millennio, che in gran parte spaccheranno in due l'opinione di pubblico e critica. Pur restando nei suoi “canoni” (lontano dalle bizzarrie degli Ottanta), Young li porterà a nuovi estremi, non sempre compresi.
Greendale (2003) è una rock-opera, un concept a tematica ambientale e politica che Young scrive e incide di getto (con i Crazy Horse senza Sampedro), e a cui fa seguire un film recitato da amici e colleghi e un tour mondiale con attori sul palcoscenico.
Nel 2005 avvengono due fatti importanti nella vita privata del songwriter: la morte del padre (Scott Young, giornalista canadese) e l'operazione per un aneurisma cerebrale. Le composizioni del periodo si rivolgono al passato e al traguardo della terza età (Young compie infatti 60 anni), e vanno a costituire
Prairie Wind, registrato insieme alla crema dei musicisti di Nashville, dove viene suonato dal vivo in anteprima. L'occasione viene filmata da Jonathan Demme in Neil Young: Heart Of Gold (2006), che apre una trilogia di film che il regista dedica al cantautore.
 
Il successivo, discusso Living With War (2006) è un instant-record di protesta contro la presidenza di Bush, nel quale alla cura sonora viene preposta la velocità di pubblicazione. Al disco fa seguito un dibattuto tour di CSN&Y e il relativo film documentario CSNY/Deja Vu (2008, esce prima delle elezioni di Obama).
Dal 2006, inoltre, iniziano finalmente le pubblicazioni dell'immenso progetto Archives, in ballo da un ventennio. Circa a cadenza annuale escono live d'epoca (Live At Massey Hall 1971 è quello che ottiene più successo commerciale) e, nel 2009, il primo box set Archives Vol.1 (che vince un Grammy per l'innovativo design bluray).
Nel 2007 Young parte per lunghi tour in tutto il mondo che proseguono quasi ininterrottamente fino al 2009, accompagnato da vari musicisti di supporto; Jonathan Demme ne trae un secondo film concerto, Neil Young Trunk Show. Intanto Young incide Chrome Dreams II (2007), album nel suo stile più tipico con episodi acustici ed elettrici.

 
Fork In The Road (2009) è ispirato dal progetto LincVolt, avviato da Young allo scopo di sviluppare un motore elettrico per le automobili.
Nel 2010 Young ottiene alcuni riconoscimenti sia musicali che umanitari (tra i quali Person of the Year ai Musicares Award) e diversi tributi da parte di altri artisti. Nel corso dell'anno muoiono Larry Johnson (produttore) e Ben Keith (alla pedal-steel dai tempi di Harvest).

L'incontro con il produttore Daniel Lanois porta all'album Le Noise (2010, un Grammy Award come Miglior Canzone Rock per “Angry World”) caratterizzato da brani solisti eseguiti con chitarra elettrica distorta e suoni manipolati elettronicamente. È il maggior successo dell'ultimo decennio e l'insolita sperimentazione viene anche portata in tour, durante il quale Jonathan Demme filma l'episodio finale della sua trilogia sul songwriter canadese, Neil Young Journeys. 
L'anno dopo vede il ritorno dei Crazy Horse con due album: Americana, raccolta di folk-songs tradizionali in veste rivisitata, e Psychedelic Pill, doppio album di canzoni scritte durante le sessions, con lunghe jam dal sapore malinconico. Sia i dischi che il successivo Alchemy tour ottengono ottimi riscontri.
Alla fine del 2013 esce Waging Heavy Peace, autobiografia dove Young racconta la sua vita e le sue passioni.

Anche il 2014 vede due nuovi progetti: prima A Letter Home, tributo ai brani roots della sua giovinezza, inciso con la modalità degli anni 40, in mono, piuttosto ostico all'ascolto. Poi Storytone inciso con un'orchestra sinfonica e una big band, intriso di canzoni d'amore e malinconia legate al divorzio con Pegi e alla nuova relazione con l'attrice Daryl Hannah.
Young dimostra un'attivismo pro-ambiente sempre più intenso e, dal 2015, concatena una serie di uscite a forte tematica ambientale: The Monsanto Years, disco che inaugura la sua collaborazione con i Promise of the Real di Lukas Nelson, con i quali fa anche diversi tour, che al contrario degli album sono tra i più intensi e sorprendenti del nuovo millennio. Seguono Earth (2016), disco live remixato con suoni naturali e sovraincisioni, il nuovo album Peace Trail e il successivo The Visitor (2017), tutti dischi accolti piuttosto freddamente.
Il 2018 è anche l'anno in cui riprende vita il progetto Archives tramite il sito neilyoungarchives. Molte le pubblicazioni d'archivio che si susseguono: gli album inediti Hitchhiker (1976), Homegrown (1975) e Toast (2001); il cofanetto Archives Vol.2 1972-76 (dieci dischi che gettano luce sul periodo più fecondo della carriera del canadese); i live Roxy - Tonight's The Night Live 1973, Songs For Judy (1976), Return to Greendale (2004), Way Down In The Rust Bucket (1990), Young Shakespeare (1971), Noise & Flowers (2019, dedicato a Elliot Roberts, manager di Neil da una vita, scomparso quell'anno), e la nuova serie degli Official Bootlegs (per ora con concerti del 1970, 71 e 74). Altro materiale inedito, audio e video, compresi concerti integrali, viene distribuito regolarmente sul sito ufficiale NYA agli abbonati.
Nel 2019 Young torna a unire i Crazy Horse con Nils Lofgren in sostituzione di Sampedro (felicemente in pensione). Tre gli album prodotti a distanza di circa un anno l'uno dall'altro: Colorado (2019), Barn (2021) e World Record (2022), non particolarmente brillanti e con più riempitivi che momenti davvero alti, ma la tenacia della band è tale che vengono accolti in modo generalmente positivo. Gli Horse fanno anche qualche breve apparizione dal vivo nel 2019, prima della pandemia che ferma l'attività live di Young per diverso tempo.
Nel 2023 Young ricompare sui palchi con un breve tour solista da cui poi trae Before & After, 13 canzoni dal suo variegato repertorio mixate in una sequenza ininterrotta. Partecipa anche alle due serate di anniversario del Roxy Club insieme ai Santa Monica Flyers, quasi come allora.
Per quanto ne sappiamo finora, il 2024 dovrebbe portarci il terzo volume di Archives e la compilation Early Daze sugli esordi dei Crazy Horse, ma anche, speriamo, un tour estivo.

Note
[1] N. Young, in una video-intervista pubblicata su www.msnmusic.com, 2011
[2] intervista di J. Tyrangiel, in Time, 2005
[3] Saggio di R. Giuffrida e B. Bigoni, in Fabrizio De Andrè – Accordi eretici, Rizzoli 2008
[4] E. Assante, G. Castaldo, in Blues, Jazz, Rock, Pop – Il Novecento americano
[5] U. Eco, in Apocalittici e integrati, Bompiani, 1993
[6] articolo di D. Fricke, in Melody Maker, 1991
[7] articolo di P. A. Cantù, in Jam n°174, 2010
[8]intervista di N. Kent, in Mucchio Selvaggio, 1993
[9] intervista in Musician, 1985
[10] articolo di A. Sironi, www.storiadellamusica.it
[11] Assante, Castaldo, op.cit.
[12] Assante, Castaldo, op.cit.
[13] J. McDonough, in Shakey – A Neil Young biography
[14] Rolling Stone, 1979; da www.rocklistmusic.co.uk
[15] McDonough, op.cit


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Sitografia

Questo sito è affiliato alla community italiana dedicata a Neil Young:
www.rockinfreeworld.com
www.neilyoungitalia.com

Altri fan-site utili (in inglese):
www.thrasherswheat.org
http://sugarmtn.org

Il sito ufficiale:
www.neilyoungarchives.com


Bibliografia critica fondamentale in italiano

Briar, Matt, Neil Young. Cercando il nuovo mondo, Editrice Zona, 2021: volume nato dal lavoro svolto per NeilYoungTradotto.


Cilia, Eddy (a cura di), Come un uragano. Neil Young: interviste sulla vita e la musica, Minimum Fax, Roma 2015
Denti, Marco, Neil Young. Walk Like a Giant, Arcana 2021
Frollano, Stefano, Neil Young Discografia Illustrata, Coniglio Editore 2006
Frollano, Stefano; Esposito, Salvatore, Crosby, Stills & Nash, Editori Riuniti, Roma 2007
Frollano Stefano; Pellegrini Fabio, (After) The Gold Rush, Arcana, Roma 2015
Regali Nai, Marco, Neil Young - Tutti i testi vol.1: 1963 - 1989, pubblicazione indipendente 2022
Sapienza, Davide (a cura di), Neil Young. Storie, interviste, incontri, Arcana, Milano 1992